Marmellata

Pensavo ai dettagli.

Sei anni fa. Il sole, insolente, bussava già alto tra gli interstizi della tua finestra, inutilmente vereconda.

Una sorridente colazione aspettava noi, sul tavolo della cucina. Troneggiavano pane tostato, latte, caffè, biscotti.

Casalingo, faceva capolino un barattolino nero nero, denso e pesante. 

La marmellata fatta in casa da mia madre. Dicesti.

Le cucchiaiate, senza ritegno, empivano gli anfratti della mia bocca a sorpresa. Scintille di ricordi rimbalzavano tra la corolla dei miei denti compiaciuti, rimettevano al loro posto le tessere del puzzle dei ricordi.

Un sapore bruciante di nostalgia richiamava in vita la mia infanzia, sepolta da tempo insieme a mia nonna. 

Se ti piace, te ne posso regalare uno.

Casuale carezza di uomo gentile.

Me ne andai, felice, come una bambina.

Ora come allora. I sollazzi del tempo smagliavano le file composte dei giorni, il passato riemergeva nella luce di un sapore, nel frastuono di un colore, nella dolcezza di un abbraccio.

La tua marmellata, regalo sbadato, mi aveva commosso. Mossa all’indietro, tra le mani nodose e forti della cucina di mia nonna.

Ora, come quella volta, casalingo, faceva capolino tra altri, in una bella vetrina a Camaldoli, un barattolino nero nero, denso e pesante.

Lo vorresti? Bene, pago anche questo, grazie. Dicesti. 

Me ne andai, felice, come una bambina.

Il groviglio di marmellata aveva riannodato i nostri fili, passato e presente si erano scambiati di posto, ancora una volta.

Il tuo dono, carezza casuale di uomo gentile, mi aveva commosso, di nuovo, ancora, indietro, a sei anni prima.

Ripensavo ai dettagli. Che sia la marmellata la chiave della nostra storia?

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